Severgnini Beppe, Proverbio persiano

Altrettanto istruttivo è il proverbio persiano "Un viaggiatore senza conoscenze è come un uccello senza ali" che risale al XIII secolo, ma che rimane attuale. Ottocento anni dopo, i turisti che partono senza sapere dove vanno restano "uccelli senza ali", incapaci di volare (oggi si dice: polli).

Severgnini, Beppe. Manuale dell’imperfetto viaggiatore. Milano: Rizzoli, 2000.

Severgnini Beppe, Una vacanza, un rullino

Fino a non molti anni fa, esisteva una regola non scritta: una vacanza, un rullino. (...) Oggi è cambiato tutto. Siamo entrati in una fase di bulimia fotografica: tutti scattano di qui e di là come pistoleri ubriachi. Se una marca di pellicole adotta lo slogan 'Una foto non scattata è un ricordo che non c'è', noi ci crediamo; e quando vediamo la scritta 'Sviluppo e stampa in un'ora' corriamo con i rullini in mano: vogliamo vedere i nostri eccessi, e vogliamo vederli subito.

Severgnini, Beppe. Manuale dell’imperfetto viaggiatore. Milano: Rizzoli, 2000.

Severgnini Beppe, Cartoline illustrate

Un ultimo aspetto del falso viaggio sono le cartoline illustrate, che occupano uno spazio spropositato nella mente del turista italiano. Raramente costituiscono una gioia. Spesso provocano ansia genuina. C'è chi ha sentito dire che spedire cartoline non è più chic, ma non sa come informare della novità gli anziani genitori; chi non sopporta di sprecare tempo prezioso umettando con la lingua i francobolli, e si lamenta che qualche sadico li faccia sempre più grandi; chi va in vacanza da qua-rant'anni a Nizza e non sa più che cartoline spedire, perché ormai ha esaurito tutte le possibili angolature di Nizza.
Tutti costoro potrebbero salutare con entusiasmo l'iniziativa di un pensionato del Connecticut di nome Palmer Chambers, il quale, dopo aver abbandonato il commercio per corrispondenza delle vitamine, ha fondato la società «Beforehand Cards» (Cartoline preventive) e soccorre i vacanzieri in questo modo: basta segnalare con buon anticipo l'itinerario del proprio viaggio, e vengono recapitate le cartoline illustrate dei luoghi in questione. L'acquirente le scriverà prima di partire. Arrivato a destinazione, non perderà un minuto delle proprie vacanze. Le cartoline non dovrà più acquistarle, scriverle e indirizzarle. Le avrà già in tasca, pronte: dovrà semplicemente imbucarle. Tutto questo è valido in teoria. Potrebbe funzionare, cioè, con un popolo diverso da quello italiano. In Italia il signor Chambers — il quale assicura di avere in archivio panorami e tramonti provenienti da cento-trenta Paesi del mondo — incontrerebbe serie difficoltà. Innanzitutto, gli italiani si muovono per il mondo come se avessero la tarantola, ed è certo che le prime richieste riguarderebbero i quaranta Stati che non sono nell'archivio (Turks e Caicos, Burkina Faso e sultanato del Brunei). Un altro problema sarebbe quello della scelta delle cartoline. Se gli americani appaiono facili da accontentare — di solito sono felici con una fontana e, quando li trovano, con i grattacieli — gli italiani hanno gusti più complicati. Esistono gli appassionati delle vedute aeree, che spediscono praticamente la stessa cartolina da trent'anni: che siano a Bordeaux, a Urbino o a Dublino mandano sempre l'identica immagine di tetti rossi che sembra ripresa da una sonda spaziale. All'estremo opposto stanno gli appassionati dei dettagli artistici, i quali spediscono solo le ali di angeli affrescati e gli occhi bovini delle statue. È chiaro che il signor Chambers del Gonnecticut, qualora si vedesse richiedere una cartolina con l'immagi-, ne dell'angelo della navata di sinistra della chiesa di Nostra Signora delle Nevi a Praga, potrebbe avere qualche difficoltà. Altre sorprese seguirebbero. Gli italiani, dicendo di detestarle, amano le cartoline illustrate perché permettono di esercitare anche in vacanza quello che resta il grande passatempo nazionale: lamentarsi. Una cartolina acquistata sul luogo di villeggiatura permette infatti di protestare per: a) il costo della cartolina stessa; b) la difficoltà di reperire i francobolli; e) la scocciatura di doversi portare appresso l'agenda con gli indirizzi; d) il fatto che sull'agenda l'indirizzo richiesto sia sprovvisto di numero civico e codice postale; e) l'obbligo, se si scrive a un parente, di scrivere anche a tutti gli altri; f) la difficoltà di trovare una frase originale (l'alternativa, alla fine, si riduce a «cari saluti» e «molti saluti»; gli stranieri vergano invece lunghe missive, andando a scrivere anche tra i dentini dei francobolli). Tutti questi problemi costituiscono deliziosi argomenti di conversazione, e consentono di trascorrere piacevoli giornate in compagnia sulle spiagge, negli atrii degli alberghi e nelle sale d'attesa degli aeroporti del mondo.

Severgnini, Beppe. Italiani con valigia il Belpaese in viaggio. Milano: Rizzoli, 1993.

Severgnini Beppe, Fotografia

Quando non possono acquistare una cosa, gli amanti — o le vittime? — del falso viaggio ripiegano solitamente su due attività: la fotografìa e le riprese con la videocamera. Anni fa Ennio Flaiano parlava, generosamente, del «culto moderno che fa di ogni turista un fotografo preoccupato di raccogliere testimonianze della sua stessa vita, per avere la certezza di aver vissuto». Oggi sembra soprattutto desiderio di appropriarsi di luoghi, cose e persone, nei rari casi in cui non sono in vendita. Non siamo i soli, ovviamente, a comportarci in questo modo. Come noi fanno gli americani, e peggio di noi i giapponesi, che andrebbero anche all'inferno, se fossero certi di poterlo fotografare. Con loro condividiamo la passione di immortalare assolutamente tutto: i cassetti nelle case di Milano, Filadelfia e Osaka devono essere pieni di primi piani degli stessi spigoli, lampioni, cartelli, gradini, negozi, muriccioli e semafori. Nel corso di una crociera nel Mediterraneo occidentale ho notato con un certo raccapriccio che molti passeggeri italiani filmavano i piatti di portata mentre venivano deposti sui tavoli, e durante le escursioni a terra riservavano ai mendicanti del Marocco lo stesso trattamento che, la sera precedente, era toccato a un cocktail di gamberetti. Un altro aspetto impressionante del fenomeno è questo: i videoamatori, mentre riprendono, amano registrare anche le cosiddette «impressioni sonore». In altre parole, parlano da soli. E ormai abbastanza comune, tra le rovine di Petra o sulle sponde del Mar Morto, sentire il rumore del vento, il pianto lontano di un bambino e le parole «Sono le ore sedici e trenta. Sono a cento metri dal pullman. Fa caldo. Ho sete». Di solito sono altri italiani a rimanere turbati di fronte a queste manifestazioni. Gli indigeni, abituati da tremila anni a trattare con gente che parla da sola nel deserto, non fanno una piega. Una variante piuttosto nota della mania videofotografica è la passione per le diapositive — che va considerata più grave, perché l'autore sogna di mostrarle a un gruppo di amici attirato a tradimento dentro un salotto (di solito non ci riesce, perché la macchina si inceppa).

Severgnini, Beppe. Italiani con valigia il Belpaese in viaggio. Milano: Rizzoli, 1993.

Brovelli Paolo, Puzzle burocratico

Nonostante i recenti miglioramenti, intraprendere un raid intercontinentale rimane una sorta di puzzle burocratico, nel quale il viaggiatore deve cercare di comporre l’intero quadro facendo combaciare tempi, luoghi e costi nel modo più efficace ed economico possibile. I pezzi che maneggerà sono i visti consolari, i permessi e documenti di altra natura, per sé e per il suo fedele compagno di viaggio: il veicolo, che anche da questo punto di vista richiede attenzioni non indifferenti. Sarà un lavoro duro, fatto di code e attese interminabili, telefonate lunghe e dispensiose, fax e, da qualche anno, e-mail e nottate sugli instabili meandri di Internet. Un viaggio nel viaggio, quasi più estenuante della spedizione vera e propria.

Brovelli, Paolo. Sulle ali di un Ape da Lisbona a Pechino in 212 giorni EurAsia expedition 98. Milano: Corbaccio, 2007.

Segato Sandra, Metaviaggio

Mi rendo conto che sto assaporando nuovamente il piacere di viaggiare solitari. Senza dover rincorrere un gruppo. Con i nostri ritmi, sostando quando lo desideriamo. Non andiamo poi così veloci come dice Kim. Ci fermiamo per fotografare, per riposare e mangiare, per contemplare con calma. Inoltre, ogni tanto, un pensiero improvviso, una visione, un suono, un colore, una faccia. Mi blocco e prendo appunti dominata dal mio incontrollabile e frenetico bisogno di mettere nero su bianco. O tento di scrivere anche mentre pedalo, annotando parole deformi e quasi indecifrabili che si adeguano mansuete allo sconnesso fondo stradale e ai miei precari equilibri.
Ripenso qualche volta anche al libro di Obes. Rifletto. Obes racconta della sua esplorazione a due ruote e parla di sé senza inganni, per questo mi piace. Non vuole mostrarsi eroico a tutti i costi. Insegna a viaggiare con le proprie paure, frustrazioni ed entusiasmi. Dalle sue avventure e dal suo modo di vivere l'esperienza del viaggio ci si rende conto che il vero viaggiatore non è colui che si affanna per arrivare a una meta, ma chi riesce ad assaporare il percorso che si compie per raggiungerla. Il luogo dove vorremmo già essere, il posto che ci attende. Ma nel mezzo, tra ciò che si lascia e ciò che si va a cercare, le emozioni del passaggio, gli occhi che osservano e il cuore che batte. Nel mezzo, spesso, la verità e l'onestà dell'itinerario. Chicken è solo un punto per sostare durante la notte, tuttavia è stato nel tragitto il momento più importante ed esaltante, anche se impegnativo e talvolta molto faticoso. Il sottosella mi duole, eppure non sono venuta qui per lamentarmi, ma per proseguire nella concreta, quanto intima esplorazione di una mia personale geografia terrestre. È nel contempo lo studio e la scoperta di me stessa oltre le regole stabilite, al di fuori del mio limitato giardino e al di là dei giudizi affrettati. Un itinerario tra i labirinti della mente e del corpo che spesso mi sorprende con insospettabili rivelazioni. Viaggio nel viaggio: un metaviaggio. Chicken nondimeno a dir poco spettacolare: una strada sterrata principale, e mi sa l'unica, e un intorno di montagne e tundra. Il centro del villaggio è semplicemente una fila di due gift shop, un restaurant-cafè e un saloon. L'essenziale, appunto. Le costruzioni tutte rigorosamente in legno, con insegne di legno o in ferro battuto, allegre e invitanti. Pittoreschi persino i bagni con decorazioni di galli e galline per separare uomini e donne. Tutto qui.

Segato, Sandra. Nella terra degli orsi in bicicletta tra Canada e Alaska. Portogruaro: Ediciclo, 2007.

Lévi-Strauss Claude, Odio i viaggi

Odio i viaggi e gli esploratori, ed ecco che mi accingo a raccontare le mie spedizioni.

Lévi-Strauss, Claude. Tristi tropici. 7a ed. Milano: Il Saggiatore, 1978.

Lévi-Strauss Claude, Sozzura gettata sul volto dell'umanità

Questa grande civiltà occidentale, creatrice delle meraviglie di cui godiamo, non è certo riuscita a produrle senza contro-partita. Come la sua opera più famosa, pilastro sopra il quale si elevano architetture d'una complessità sconosciuta, l'ordine e l'armonia dell'Occidente esigono l'eliminazione di una massa enorme di sottoprodotti malefici di cui la terra è oggi infetta. Ciò che per prima cosa ci mostrate, o viaggi, è la nostra sozzura gettata sul volto dell'umanità.

Lévi-Strauss, Claude. Tristi tropici. 7a ed. Milano: Il Saggiatore, 1978.