Regini Roberto (w2412)

  • Alias-Pseudonimo-Pseudonyme: -
  • Nationality-Nazionalità-Nationalité: Italy, Italia, Italie
  • Birth/death-Nascita/morte-Naissance/mort: -
  • Means of transport-Mezzo di trasporto-Moyen de transport: On foot, A piedi, A pied
  • Geographical description-Riferimento geografico-Référence géographique: Around the World, Giro del mondo, Tour du monde
  • Internet: Visit Website
  • Additional references-Riferimenti complementari-Références complémentaires: Cavalleri F., Zaino in spalla e via, Roberto Regini: l’uomo senza casa ci racconta il suo mondo di viaggi, La Regione Ticino, 11.07.2013.

Quarantanove giorni di cammino in tre regioni, Terra del Fuoco, Aysén e Patagonia, per un totale di 700-800 chilometri in solitaria e 3.100 euro di spesa complessiva. Roberto Regini (41 anni), l’intrepido viaggiatore originario di Empoli che ha deciso di dedicare buona parte della sua vita a “esplorare” il mondo, è appena rientrato dalla sua ultima avventura con lo zaino in spalla (www.robyexplorer.net). “Sono partito lo scorso 31 gennaio, scegliendo come al solito un periodo fuori stagione per evitare i grandi afflussi turistici, le spese elevate e soprattutto per avere l’occasione di vivere più intensamente i luoghi che attraversavo”.

Se non sbaglio, hai camminato “al contrario”…
Sì, anziché seguire il tradizionale percorso da Buenos Aires a Ushuaia, ho fatto esattamente l’opposto, dal sud verso il nord. Siccome non era il mio primo viaggio in quelle terre, questa volta ho scelto di visitare le zone meno conosciute e questo, insieme al fatto che la stagione turistica era ormai terminata, mi ha permesso di immergermi completamente nella solitudine che cerco: in alcune traversate non ho incontrato nessuno per giorni, in altre ho avuto rari scambi con escursionisti come me. Anche le notti in cui ho avuto qualche tenda accanto alla mia si contano sulle dita di una mano.

E per rifornirti?
Mi appoggiavo ai vari villaggi, che in quelle zone distano anche centinaia di chilometri l’uno dall’altro, mentre ricorrevo agli ostelli familiari per la doccia e l’igiene personale. Facevo la spesa nei supermercati locali, dove ho avuto modo di notare qualcosa di molto curioso: nonostante l’abbondante costa affacciata sull’oceano, i banchi del pesce sono rarissimi in Cile e Argentina. La maggior parte del pescato viene destinata all’esportazione.

Rispetto ai tuoi viaggi precedenti, hai avuto conferme?
La prima riguarda il clima: ho avuto la fortuna di trovare un’estate splendida, con temperature fino a dieci gradi sopra la media stagionale, mentre quelle zone (la Patagonia in particolare) sono note per le condizioni meteorologiche estremamente variabili e per il forte vento. Se questo è stato propizio per il mio stile di viaggio, cioè il trekking, d’altra parte mi ha confermato il drammatico problema del surriscaldamento climatico. Un’altra conferma riguarda la gente, straordinariamente ospitale.

C’è differenza tra cileni e argentini?
Forse lieve, ma esiste. Il popolo argentino è più diretto e gioioso, mentre quello cileno appare più freddo, anche se molto accogliente.

Oltre all’isolamento, immagino che la problematica principale di questo viaggio sia stata la difficoltà di reperire mezzi di trasporto.
L’aspetto positivo di Cile e Argentina è la loro sicurezza, tanto che non è raro incontrare persone che la notte riposano tranquillamente con la porta aperta. In compenso, però, gli spostamenti necessitano di molta pazienza, perché i mezzi di trasporto hanno frequenze piuttosto sporadiche, spesso a distanza di giorni. Per esempio, oltre al gommone turistico che permette di raggiungere l’isola di Navarino e la sua Puerto Williams, la cittadina di circa duemila abitanti più australe del mondo, per il ritorno esiste un traghetto che parte una volta la settimana verso Punta Arenas.

Lo hai preso?
Sì e sono sceso, nel mezzo della notte, nella baia di Yendegaia per intraprendere una traversata a piedi, camminando su un terreno difficile e privo di qualsiasi sentiero, dove l’ultimo turista era passato tre settimane prima. Per il resto, mi sono affidato all’autostop, strappando un passaggio prima a tre pescatori e poi a tre camionisti, che mi hanno anche regalato pane, formaggio, prosciutto e persino un bicchiere di vino, visto che ormai ero rimasto a secco. Più a sud ci si trova, meno mezzi di trasporto si incontrano: tra i villaggi, i collegamenti non sono quotidiani come siamo abituati nelle nostre città.

Incontri particolari?
Nella baia di Yendegaia, ho incontrato gli unici due abitanti: il gestore di un rifugio, Josè, gaucho cileno, con la sua compagna, una donna belga che da sei anni ha lasciato il suo paese – dove gestiva un centro estetico – per vivere di “natura”. È stato lui a fornirmi preziose indicazioni per i miei spostamenti, raccomandandomi di seguire le impronte dei cavalli ferrati anziché quelle “senza ferro”, che appartengono ai cavalli selvatici. Quando gli ho chiesto quanto tempo pensava di rimanere laggiù, mi ha risposto semplicemente: “Non lo so, forse un mese, forse tutta la vita. Vivo alla giornata”.

Una scelta estrema.
Assolutamente sì. È impossibile esprimere a parole quello che si prova incontrando queste persone, che hanno scelto una vita “antica”. Nella regione dell’Aysén ho conosciuto anche Ramon, che mi ha offerto mate, una tipica bevanda del sud, e ha cucinato per me un salmone appena pescato. Anche lui preferisce vivere lontano da tutto e da tutti, rinunciando al benessere cittadino. Spesso, nei miei viaggi, incontro queste persone straordinarie, felici e realizzate nella loro semplicità e devo ammettere che mi capita di pensare che, se un giorno dovessi stancarmi dei viaggi, mi piacerebbe diventare come loro. La scoperta straordinaria è che non sono l’unico a pensarla così.

Hai incontrato altre persone alla ricerca della semplicità?
Sempre più spesso incontro europei stufi del loro stile di vita consumistico e materialistico, che vanno in giro per il mondo con pochi soldi in tasca e tanto entusiasmo – molti in bici, anche per molti mesi – alla ricerca di ambienti genuini. La filosofia comune è che si può essere molto felici con poco.

Come sono i paesaggi?
Cambiano in pochi metri di quota: in basso ci sono boschi ricchissimi di vegetazione, tra cui l’albero dell’Araucania, una pianta che cresce solo in questa regione; più in alto c’è pieno deserto, grazie alle eruzioni dei vulcani Lonquimay e Tolhuaca. Una varietà straordinaria.

Sei rientrato da pochi giorni, ma hai già in mente una nuova partenza?
Sì, normalmente verso la fine di ogni viaggio penso a cosa mi piacerebbe vedere nella prossima “puntata” e stabilisco ambiente, persone, percorsi e cultura che vorrei incontrare. Tra pochi mesi toccherà all’Asia centrale, con cui proseguirò questo mio desiderio di trasformare la passione per il viaggio in un lavoro e uno stile di vita. Ho già controllato i voli aerei e sto valutando le questioni burocratiche da risolvere. Tutto resto è nella mia testa!

http://www.luomoconlavaligia.it/robyexplorer-come-un-antico-esploratore.html